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dal 12/1/2008


© G.S.Chilometrando

 

Signor  Presidente della Regione Sardegna dr Ugo Cappellacci

io alla sua lettera d'auguri le rispondo così:

Mi accingo a leggere la  lettera che lei mi ha indirizzata (inviata a tutti i sardi). Premetto che io non l'ho votata…  

“… la Regione per te. Tu per la Sardegna. Desidero fare a te, alla tua famiglia e ai tuoi  cari i migliori auguri per le festività e per un nuovo anno ricco di soddisfazioni. E' mia responsabilità personale e istituzionale che gli auspici di ognuno e le speranze della comunità si traducano in un obbiettivo concreto: il miglioramento della qualità della vita per tutti i Sardi …”

Risposta:

… “lei mi chiede troppo Signor Presidente, impegnare il mio prezioso tempo continuando la lettura della sua lettera d'auguri. E' troppo, accettare passivamente,  senza sentirmi turbata,  con quanta disinvoltura si rivolge a me  con il “tu” senza conoscermi minimamente.  Sento come   irrinunciabile dovere risponderle subito dopo avere letto appena qualche  riga, che nessuno le ha mai chiesto di scrivermi.

Sento  l'urgenza di risponderle  per farle sapere che è abbastanza chiaro  che la realtà di noi sardi non le è  mai interessata  in quanto  prerogativa dell'uomo che  può definirsi “libero” e non  servo  “di un padrone”. Chi le scrive è una persona che vive la quotidianità  osservando e ascoltando la vita reale di noi sardi. Che può permettersi di scorgerne i forti disagi con  la  pancia  che riempie quotidianamente  perché ha la fortuna (e non il diritto) di avere un  lavoro. Che ha due figlie che hanno potuto permettersi   studi universitari e avere trovato subito un  lavoro.

Io,  Signor  Presidente,  mi vergogno del  lavoro che ho nei confronti  di chi lo implora da tempo.

Per favore Signor Presidente, mi faccia conoscere il motivo per cui si ostina a sorridere nella foto che lei mi ha inviata  assieme al suo scritto: davvero è convinto che esista un motivo, un piccolo motivo  che la porti a sorridere? E' ingerenza alla mia sensibilità, mi creda!

Lo sa Signor Presidente quanto mi sento libera di affermare che LEI NON E' PER I SARDI;  LEI NON E' PER ME; LEI, SIGNOR PRESIDENTE, NON E' PER LA SARDEGNA come lei scrive?

“Dove era Signor Presidente  quando i pastori della mia amata terra sarda venivano aggrediti, manganellati, offesi, umiliati dalla forza pubblica, lasciati soli, abbandonati da chi avrebbe dovuto proteggerli, da chi avrebbe dovuto evitare loro le continue umiliazioni, frustrazioni, ricatti e sfruttamento spingendoli sino a Roma per l'ennesima volta con la speranza di poter  raggranellare almeno un chicco di dignità perduta?

Lei, Signor Presidente, non ha le carte per governare questa terra che non ama. Questa gente che non ama. Questa gente che non comprende. Questa gente che non rispetta. Non può governare perché non conosce l'umiltà  che fa crescere L'UOMO  scegliendo al contrario la connivenza  col potente.

Lei Signor Presidente, trascura il senso del dovere, ha dimostrato a tutti noi di non averne abbastanza,  ha veicolato azioni che hanno denotato l'assenza di lealtà e  capacità nel comprendere che questa terra ha le premesse per diventare grande   con la sua gente solo scegliendo di mettersi dalla parte dei “più”.

Signor Presidente, smetta di elargire a quella parte di chiesa ricca e potente doni  “nostri”   che non merita e di cui  non ha bisogno.

Non si ponga, la prego, a tutela  dell'uomo ricco e potente  usurpatore dell'Italia intera.

Io signor Presidente, l'arroganza la combatto da sempre. Lei l'appoggia.

Signor Presidente, non avrebbe dovuto  provocarmi con la sua lettera: sono un essere pensante e non vivo sognando indulgenze perché il paradiso lo voglio qui per tutti i miei sardi!!!

Io Signor Presidente non amo farmi umiliare: mi ribello! Non amo farmi prendere in giro se non in un gioco tra amici. Ma qui non siamo tra amici. Qui, soprattutto ora, non c'è voglia di giocare. Non c'è motivo alcuno di sorridere.

Signor Presidente, è mia abitudine fare in modo di non lasciare nulla incompiuto ma mi creda, non ho avuto abbastanza stomaco per proseguire la lettura del suo scritto augurale per  l'anno che verrà. Lei Signor Presidente, per questo augurio risulta essere la persona meno indicata: mi creda.

 Signor Presidente: la sua lettera è un'offesa all'intelligenza di una semplice donna SARDA come me.

Signor Presidente, mi permetto – considerando che ciascuno possiede la facoltà del contradditorio – di augurarle per il nuovo anno di soffermarsi a riflettere sulla condizione dei sardi. Lo faccia. Lo faccia presto in quanto i sardi agonizzano da tempo grazie a lei! Dimostri a tutti quanti noi con fatti reali e non illusori che intende  operare per un bene comune trascurando ad esempio le attenzioni che ha per i potenti della chiesa.  Signor Presidente, non spenda il tempo che dovrebbe dedicare a noi sardi compiendo facili e spensierate incursioni nelle mostruosità delle ville del padrone d'Italia. 

Signor Presidente, le chiedo con fervore e umiltà, abbia pietà per COLUI – ultima notizia mentre scrivo -  che ha  compiuto “IL DISPERATO GESTO DI UCCIDERSI”  per avere  perso il lavoro senza riuscire a stringere tra i suoi pugni un barlume di speranza a  due giorni  dal Natale. Abbia pietà e si ricomponga con rispetto: non sorrida! Gli riconosca almeno dopo morto i diritti che non ha avuto, la dignità strappatagli, il furto del suo decoro e si astenga dall'offenderlo ancora. Chieda ai famigliari chi era costui. Io non l'ho conosciuto ma non mi fa dormire la notte facendomi sentire in colpa  perché io il lavoro “sì” e lui “no”.

Signor Presidente, la invito al rispetto di chi ha  visto il vuoto dinnanzi ai suoi occhi. La invito al rispetto  di chi  non è riuscito a sottrarsi  al  peso del “nulla”  che lo ha schiacciato per sempre.

 Signor Presidente, si astenga dal sorridere per non offendere ancora.

Ed ora, mi permetta  una piccola  incursione flash nella sua bella cucina:  la sua tavola imbandita da una bella  forma di formaggio dei nostri pastori sardi   inondando la sua cucina da una  gradevole fragranza.  Vedo sulla sua tavola l'arrosto d'agnello dorato e croccante, allevati dai nostri pastori con dedizione certosina. Il  vino abbondante dei nostri vigneti,  ricotte, salsicce e  prosciutti … 

Ma c'è, Signor Presidente, chi “latte non ha neppure per i suoi bimbi da crescere”. “Chi formaggio non ha”. “Chi carne non ha”. “Chi pane non ha!!!”.  Pensi Signor Presidente, alle tante tovaglie leggere!

Il lavoro, signor Presidente, non lo scordi,  è sinonimo della  dignità di ciascuno di noi.. 

Riversi sui sardi  il doveroso impegno per cui è stato eletto. Si ravveda, la prego!

Ora Signor Presidente le racconto il sogno di questa mia notte: “la sua coscienza si era d'improvviso risvegliata ribellandosi e restituendo  ad altri i voti elettorali ricevuti impropriamente (come lei sa  i sogni vanno  riportati integralmente)  finendo così per capire finalmente   che non aveva mai posseduto  le carte per governare  il  popolo  sardo e quel  sparuto numero di voti risicati senza mai sapere  come  (nel sogno),  con sorprendente onestà rimetteva il suo mandato di Governatore consapevole del fatto che non avrebbe potuto continuare a far finta d'essere  “il nostro Presidente di Sardegna”. 

Infiniti auguri Dr Ugo Cappellacci e non si stupisca se ho la facoltà di indignarmi ancora.

con rispetto

Ivana Taccori  

Cagliari, 30 dicembre 2010