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dal 12/1/2008

 


© G.S.Chilometrando

Sudamerica in bicicletta

di Enzo Pascalis


From: enzo pascalis
Sent: Sunday, February 18, 2007 12:09 PM
Subject: partenza

Ciao, anche quest'anno abbiamo deciso di passare le nostre ferie in Sudamerica in bici .
Voleremo sino a Buenos Aires e poi verso il nord dell'Argentina a Salta. Da Salta inforcheremo la bici
e, puntata la ruota verso nord, percorreremo i 400 km che ci separano dal confine boliviano a 3600 mt
di quota. In Bolivia continueremo su strade dissestate a fondo naturale sino a Uyuni (3300 mt) da dove
inizieremo l'attraversata del lago salato più esteso del mondo e degli altopiani desertici dei salares a quote
variabili tra i 4000 e i 5000 mt. Se tutto va bene dopo 1300 km arriveremo in Cile a San Pedro de Atacama.
Se i mezzi telecomunicativi lo permetteranno, avrete notizie sul viaggio.
A presto
Enzo&Roberto

p.s. dimenticavo di dirvi che in Bolivia ho un amore segreto, una graziosa palomita (vedi foto)


From: enzo pascalis

Sent: Wednesday, February 21, 2007 11:51 PM

Dopo un volo di 14 ore e un'altro di 3, siamo arrivati a Salta. Siamo nel nord dell'Argentina a 400 km dal confine Boliviano, 200 da quello Cileno e a solo 4500 km da Ushuaia nell'estremo sud della Patagonia. Le bici sono arrivate sane e salve, e questo e' gia' un buon inizio. Dopo aver bighellonato per le vie della bella e pulita citta' argentina, questa mattina, sotto un cielo minaccioso, siamo partiti alla volta di San Salvador de Jujuy distante circa 100 km. Come inizio non e' stato male, il percorso a tratti mi ha ricordato il camino austral o la foresta nublada dell'Ecuador, un'angolo di paradiso veramente fantastico. Tale era lo scenario e la distrazione, che non abbiamo sentito nemmeno la fatica nonostante fosse il debutto e avessimo ancora le gambe legate ai sedili dell'aereo. Prima dell'arrivo a Jujuy, un sinistro rumore sul ruotino del carrello mi ha fatto seriamente preocupare, ed infatti dopo un rapido controllo mi accorgevo che il cuscinetto era ormai alla frutta. Cerco un meccanico ciclista che mi smonta il mozzo e mi estrae il cuscinetto, ma la cosa piu' stupefacente e' che a 30 metri dalla sua officina c'era la casa del cuscinetto, lo trovo identico tale e qualle....evviva l'argentina e la sua gente ospitale e genuina!
Domani si parte in direzione Humauaca, si sale rapidamente di quota, occorre frenare la nostra forza esplosiva perche' occorre fare un buon acclimatamento all'altura per non finire miseramente come palloncini quando si arriva a 4000.
Ora ci attende una mega bistecca, e perche' no, magari accompagnata da un buon cabernet suovignon.
A presto
Enzo e Roberto
p.s. Roberto tira come un treno!



From: enzo pascalis
Sent: Friday, February 23, 2007 9:08 PM


Partiamo sa Jujuy all'ora di punta, tutti vanno a lavoro e considerato che la citta' ha 350 mila abitanti e comunque siamo in sudamerica, il caos è indescrivibile. Camion bus fanno a gara per passare in testa, molti di questi mezzi hanno passato la trentina e la combustione non e' piu' eccellente. Finalmente fuori dalla citta' il paesaggio e l'aria pulita ci riconducono al nostro vero viaggio. La strada, molto ampia, e' percorsa dai bellissimi bus cama ( noi non li conosciamo nemmeno, puoi dormirci lungo disteso) che vanno verso il confine boliviano, ci superano a 100 orari ma a differenza dei nostri, non ti fanno il pelo ma passano nell'altra corsia....viva l'argentina!
Si sale dolcemente sino ad un pueblo a trenta km dalla partenza, il vento soffia alle spalle e la cosa ci rende felici, i quasi, perche' a farci perdere il sorriso ci si mette una salita al 10% dritta dritta che non se ne vede la fine, si sale lenti, non si superano i 10 orari, i 35 kg a traino si fanno sentire come rasoiate nelle gambe pesanti come piombo. Il paesaggio incomincia a cambiare lentamente, le quebradas con i loro multicolori accesi dal sole che picchia impietoso, prendono il posto delle verdi foreste, lo spettacolo della natura ci affascina. Roberto aveva gia' percorso queste stradequalche anno fa, ma non si era accorto di tanta bellezza, viva la bici!
Arriviamo a Purmamarca, polveroso villaggio posto all'interno di una valle a dir poco impossibile da dipingere, le quebradas qui sono dai colori mozzafiato, il colore della roccia cambia continuamento a seconda dell'altezza del sole, valeva la pena di salire sino qui, infatti abbiamo fatto 1300 metri di dislivello e la quota e' di 2400 metri.
A cena bistecca argentina e cabernet suovignon!.

Mattina del 23 febbraio, si parte alla conquista di humauaca, 70 km piu' a nord e a 3000 metri di altura. Occorre andare piano per non andare in affanno e fare un brutto acclimatamento, ma la salita ci calma i bollori e c'impone un ritmo allegro ma mai fuori giri, occorre usare i rapporti sapientemente, anche se la sensazione e' di star bene e poter spingere forte. Anche oggi lo scenario e' fantastico, le quebradas assumono sempre colori diversi e il contrasto col verde a valle e' da cartolina. Un po il paesaggio ricorda ls sierra nevada del messico per la presenza di cactus giganteschi e l'aridita' del terreno. Facciamo varie soste per bere e rifornirci d'acqua, l'aria e' secca e il sole picchia, ieri ci siamo scolati 3 litri d'acqua e due birre con gazzosa a testa, e all'arrivo abbiamo continuato a bere...acqua naturalmente..
Oggi il vento soffia contro ma non fastidioso, le soste sono numerose, non abbiamo il numero di gara e possiamo permetterci di arrivare per ultimi. Dopo 70 km arriviamo nella cittadina di Humauaca, strade in pietra e case di fango, quanto e' distante Buenos Aires. Qui i tratti sommatici della gente sono tipicamente andini, sono solo abitanti del territorio argentino, ma sono uguali a quelli del Peru', della Bolivia, della Colombia o dell'Ecuador, un popolo unico con abitudini e cultura uguale, gente semplice e buona, molte volte senza malizia. Oggi sono tutti festanti, e' carnevale e si suona in piazza, costumi semplici che a differenza dei nostri richiamano un passato molto lontano, prima che Pizarro venisse qui a distruggere una grande civilta'.
A prest
Enzo e Roberto



From: enzo pascalis
Sent: Sunday, February 25, 2007 8:37 PM
Subject: confine boliviano

Ciao, oggi 24 febbraio siamo ripartiti da Humauaca dopo aver trascorso una notte in bianco a causa del carnevale che impazzava per le viuzze della cittadina e...di una gattino che cercava la compagna. Da queste parti il carnevale e' una festa molto sentita, ma come ha gia' detto, le maschere rappresentano la loro storia antica, un po come i mammuttones e i soccadores in sardegna. Salutati da i borrachos reduci dalla notte pazza, puntiamo le ruote verso Abra Pampa, cittadina anonima di transito verso la frontiera boliviana. Dalla carta sembra un trasferimento semplice visto che si parte da quota 3000 e si arriva a quota 3500, ma a complicare le cose ci si mette un passo a 3800 e un'infinita' di "mangia e bevi" (saliscendi) e, ciliegina sulla torta, gli ultimi 30 km dei quasi cento complesivi, con un forte vento contro. A parte le difficolta' fisiche, condimento essenziale, la strada ha attraversato quebradas, piccoli canyon e zone semidesertiche d'alta quota molto simili all'Arizona per le grandi distese di cactus giganteschi. Unica vera difficolta', oltre alle salite ed al forte vento contro, e' l'assoluta mancanza d'acqua che ci costringe ad una carico suplementare di peso ( Vittorio ne sa qualcosa, visto che i deserti li conosce ), ma l'aria secca e le temperature alte ci fanno consumare 4 litri d'acqua a testa.
Giungiamo ad Abra Pampa un po succhiati, il mio cardio mi dice che sono partite ben 3500 Kcal., occorre reintegrare, ma piu' ti allontani dalla civilta' e piu' scarseggia il cibo. La fortuna ci assiste, troviamo un buon hospedaje per pochi euro e la proprietaria, molto gentilmente, ci prepara una cena semplice ma generosa a base di pollo, riso, patate e verdure, viva l'Argentina!...speriamo che la Bolivia sia cambiata dall'ultima volta che ci sono stato, altrimenti rischiamo di doverci zavorrare quando soffia il maestrale.

Mattina del 25, e' domenica e gli abitanti del villaggio dormono sino a tardi, ma sono giustificati, hanno fatto le 6 del mattino per le strade a suonare tromboni, flauti e grancasse, il carnevale non e' ancora terminato.
La strada che ci conduce a la Quiaca sembra tracciata con un righello, dritta senza una curva tira verso nord...e il vento verso sud!. Si attaversa la pampa d'alta quota, il paesaggio mi ricorda le sconfinate distese patagoniche, ma a differenza delle pecore qui ci sono i lama, tutti con le orecchie adornate con nastrini di vari colori per esere riconosciuti dai proprietari, chissa' se anche qui c'e' l'abigeato. Senza nessuna difficolta' e molti sbadigli arriviamo a La Quiaca, siamo al confine con la Bolivia, decidiamo di sostare in Argentina per la notte, dalla parte Boliviana c'e' da scordarsi la bistecca e il buon vino. Sino a qualche anno fa, nel periodo della parita' pesos-dollaro, per i boliviani era pura follia poter passare dalla parte argentina, se un caffe' in bolivia costava 10, in argentina costava 100, ma ora queste differenze sono meno forti anche se la Bolivia e' il paese piu' povero del sudamerica e l'Argentina fra i piu' ricchi.
Vi aggiornero' i prossimi giorni dopo aver verificato di persona. Prossima destinazione Tupiza!
Hasta luego
Enzo e Roberto



From: enzo pascalis
Sent: Tuesday, February 27, 2007 3:51 PM
Subject: bolivia

26/febbraio
Partiamo di buonora da La Quiaca, stanchi e assonnati per la notte insonne. Ieri notte ci volevano far traslocare dall'hotel presso altra struttura perche', secondo loro, avevano commesso un errore dandoci camere gia' affittate, chiaramente "la stavano tentando", dato la forte richiesta di posti letto, qualcuno aveva offerto di piu', ma non ci siamo mossi. Alle 5 del mattino, come stessimo vivendo un incubo, una musica da discoteca ci ha fatto sobbalzare dal letto, qualcuno armato di auto stile "venditori di varecchina" ha avuto la bella trovata di diffondere della musica a tutto volume, fortunatamente e' intervenuta la polizia e ha messo a tacere l'imbecille. Terminata la musica ha iniziato ad abbaiare un cane ad un ritmo incessante per circa 2 ore, probabilmente sino ad esaurimente fiato, ma oramai era l'alba. Prime della frontiera, all'interno di una caserma militare un plotone d'esecuzione si sta addestrando, speriamo alla fucilazione del cane...e del suo padrone
Passiamo il confine tra Argentina e Bolivia abbastanza rapidamente, le nostre bici suacitano curiosita', sicuramente cosi' attrezzate di carrello non ne hanno mai visto. Entrati in bolivia cambia tutto, l'ordine e la pulizia lasciano il posto al caos e alla polvere, gente seduta sui marciapiedi a vendere qualcosa, donnine con in testa la classica bombetta, negozietti con dentro di tutto da parti meccaniche ad alimenti, megabottiglie di plastica contenenti bevande zuccherate coloratissime, lecca lecca, per alimentare gli affari dei dentisti, infilati in ogni angolo delle vetrine assieme a custodie per cellulari o altre cianfrusaglie. La strada che ci condurra' a Tupiza, distane 100 km, e' completamente sterrata, un lungo susseguirsi di saliscendi estenuante con un fondo sconnesso a causa delle miciadiali onduline trasversali che ala fine ci hanno smontato le ossa. Incontriamo pochi villaggi, poverissimi, case di fango e tetti di paglia, ma troviamo sempre la classica "tienda" dove e' sempre disponibile acqua fresca imbottogliata, rigorosamente da aprire personalmente, l'igiene non esiste e il tifo e' in agguato. Il paesaggio cambia totalmente quando si scende in una verde valle che segue il corso di un fiume, montagne coloratissime, piccoli canyon, vegetazione tipicamente semidesertica, cactus, acacie e cespugli spinosissimi. Sotto una temperatura che sfiora i 40 gradi, finalmente arriviamo a Tupiza, cittadina di 20.000 abitanti, abbastanza pulita ed ordinata per gli standard boliviani, base di partenza per escursioni nelle valli attorno o verso i salares e i coni vulcanici della cordigliera. Decidiamo di rimanere un giorno a recuperare energie e far riassorbire i dolori del fondoschiena, i prossimi giorni ci attendono altri duri sterrati, caldo e salite.
Hasta luego
Enzo e Roberto



From: enzo pascalis
Sent: Thursday, March 01, 2007 9:07 PM
Subject: Atocha


28 febbraio
Partiamo da Tupiza dopo aver ricevuto un "in bocca al lupo" da parte di 3 centauri del Quebec, loro si fanno il sudamerica in moto, prima o poi lo faro' anch'io. Le indicazioni sul percorso da fare oggi sono molto contraddittorie, alcuni ci dicono che c'e' un passo a 4200 in prossimita' di Huaca Hunñusca, il villaggio dove si erano nascosti Butch Kassidy e Sundance Kid, altri ci dicono che il percorso e' giusto con qualche saliscendo e con fondo buono; comunque bisogna pedalare, e questo facciamo. Usciamo da Tupiza con molte difficolta', la direzione che ci viene suggerita ci fa percorrere il letto di un fiume, in alcuni tratti dobbiamo guadare la poca acqua che scorre, il tanto per lavarci le scarpe. Riprendiamo la strada principale, rigorosamente sterrata e piena di "calaminas" (onduline) che risale il fiume in secca. Il paesaggio e' stupendo, praticamente siamo dentro un'ampia valle delimitata da alte montagne multicolori, le soste per fare foto sono numerose e tutto sommato ci sembra che il trasferimento verso Atocha sia una passeggiata turistica. Dopo una ventina di chilometri ci fermiamo per rifornirci d'acqua a Salo, giusto quattro case e una tienda ( bottega), siamo ai piedi di quella che dovrebbe essere l'unica salita del giorno, una salita che da quota 3200 ci portera' a quota 4200. Siamo concentrati e tutto sommato felici di salire cosi' in alto, per un ciclista poter percorrere i passi alti e' un po come per un pescatore o un cacciatore tornare a casa con una grossa preda. Mentre saliamo ci preoccupa un temporale che ci insegue alle spalle, essere beccati da un fulmine non e' una cosa piacevole, fortunatamente sfoga la sua forza da altre parti. Arriviamo in cima e battiamo un cinque per la soddisfazione di essere arrivati a 4250 mt. in bici, ora ci attende una lunga discesa, gia', una lunga discesa, ma purtroppo questa dura solo qualche chilometro, il tanto di farci perdere 400 metri di quota e ritrovarci con la strada che risale. Alla fine i passi oltre i 4200 sono 7, maledetti, durissimi e con l'ossigeno dimezzato per l'altura. La fatica e' grande, le maledizioni si susseguono, l'acqua scarseggia, non ci sono villaggi e un po incominciamo a pensare che e' stata una pazzia partire per un percorso lunghissimo senza le dovute precauzioni (cibo e acqua.). Non si imparera' mai a diffidare delle indicazioni in sudamerica. Arriviamo un un accampamento di minatori, mancano ancora 50 km durissimi, ci rifocilliamo con un po d'acqua e qualche "galletas", pensiamo di chiedere ricovero presso una delle povere strutture per minatori, ma mentre sorseggiamo l'acqua, ecco apparire in senso opposto alla nostra direzione due ragazze con tanto di carrello come i nostri; sono australiane, vengono da Atocha, dove stiamo andando noi, e per percorrere 35 chilometri hanno impiegato 7 ore perche' hanno sbagliato strada e hanno dovuto spingere le loro bici lungo dune di sabbia per riprendere la giusta carretera.. Ci sentiamo quasi umiliati, e' come uno schiaffo morale, loro impiegheranno tre giorni per percorrere la distanza che noi percorriamo in un giorno, ma sono sorridenti e rilassate. Ripartiamo nuovamente con la giusta carica, facciamo altri due passi oltre 1 4200 e finalmente la strada incomincia a scendere. La lunga discesa termina in un falsopiano sabbioso, il sole oramai e' basso all'orizonte e i kilometri da percorrere sono ancora tanti, spendiamo le ultime energie per evitare di rimanere al buio in un posto cosi' alto e desolato. Giungiamo a fondo valle, la strada si perde in una ampia laguna con acqua mista a sabbia, andiamo ad intuito verso destra spingendo le bici, fortunatamente la direzione e' quella giusta, dopo qualche chilometro, oramai nell'oscurita', giungiamo ad Atocha percorrendo le ultime centinaia di metri in mezzo ai binari di una linea ferroviaria a scartamento ridotissimo fra scambi, cani e sporcizia. Anche se il percorso e' stato durissimo, sia per aver pedalato sopra i quattromila per cento chilometri, sia per i duro passi, questo non puo' farci dimenticare la bellezza del paesaggio, montagne imponenti, canyon, vegetazione tipicamente desertica, cielo blu cobalto, colori impossibili. E' veramente incredibile che un paese come la Bolivia sia cosi' povero con tante bellezze naturali, poco piu' a sud, in Argentina, hanno fatto delle quebradas una fonte di ricchezza, qui stiamo percorrendo solo una piccolissima parte di una nazione che racchiude in se imponenti montagne, vulcani oltre i 6000, altopiani, una fetta grandissima di foresta amazzonica, siti inca di notevole importanza e altro ancora, senza dimenticare la generosita' della gente. Per tornare a noi, umili pseudociclisti stanchi ed affamati, troviamo un hostal per poche bolivianos, appena decente ma con una puzza di fogna che traspira da ogni dove. Siamo costretti a mangiare due volte, in due diversi localini, pollo e patate, non c'e' altro ma ci e' sufficiente per ingannare lo stomaco ed andare a dormire.
Domani si va a Uyuni, base di partenza per l'attraversamento dei salares. Dedico un pensiero a Sergio e Daniele, mitici compagni patagonici, l'anno scorso hanno attraversato questo grande deserto d'alta quota trascinandosi un carrello...a piedi!
hasta luego
Enzo e Roberto



From: enzo pascalis
Sent: Monday, March 12, 2007 3:19 PM
Subject: Salar de Uyuni


Ci siamo lasciati ad Atocha, sono passate due settimane e quello che e' accaduto e' tanto.
Da Atocha abbiamo raggiunto Uyuni, base di partenza per l'attraversamento dell'altopiano dei Salares, obbiettivo principale del nostro viaggio.
Ad Uyuni ( 3650 mt. s.l.m.) ci siamo rimasti giusto due giorni, il tanto necessario per fare un po di manutenzione a bici, carrelli e...al nostro corpo. La cittadina boliviana, poco piu' di ventimila anime, non offre nulla di speciale, ma i prezzi piuttosto bassi ( mangi con 2 euro ) attirano un sacco di turisti spiantati, nostalgici figli dei fiori un po imbiancati, frikkettoni, sbandati e matti in bicicletta. La parte piu' straordinaria di questi posti lontani dalla civilta', e' la capacita' della gente di arrangiarsi a sopravivere con poco. Roberto rischiava di terminare il giro in anticipo perche' gli si era rotta la scarpa con tacchetta della mtb, senza di quella sarebbe stato impossibile proseguire, ma in mezzora uno zapattero dall'aspetto inquietante gli ripara la scarpa per mezzo euro, da noi i calzolai gia' non esistono piu'. Forse sara' l'altura, forse la cultura ma nessuno bada all'aspetto esteriore delle persone, l'aria e' scarsa e non vale la pena di preocuparsi troppo degli altri. Mentre stavamo bevendoci una birra in un chiosco nella piazzetta principale, un vecchio si aggirava tra i tavolini strisciado, convinti che si tratasse di un mendicante gli abbiamo mollato una moneta, ma il titolare del chiosco ci ha detto che era solo "borraccio intelligente" che per evitare di cadere preferiva andare a quattro zampe, viva la liberta'.
Sistemati i bagagli, la mattina del 3 marzo, si parte per la nostra piccola impresa. Giunti a Colchani, porta d'ingresso del salar di Uyuni, abbiamo la sorpresa sgradita di trovare il salar allagato, era quello che si temeva, visto che da queste parti darante l'estate piove sempre. Il salar di Uyuni e' un antico lago, esteso quanto mezza Sardegna che, prosciugandosi nel corso dei millenni, ha soperto il suo fondo alla luce, perfettamente piatto e ricoperto da una crosta di sale spessa alcuni metri. Ci facciamo trasportare con un fuoristrada sino al centro dove si trova "l'isla del pescado" (isola del pesce), nome dovuto alla sua forma che in lontananza, a causa del riverbero, assomiglia ad un enorme pesce. Da questa isoletta, ricoperta di cactus, in mezzo all'enorme mare di sale, inforchiamo le nostre bici ed incomnciamo "la navigazione" verso sud. Le sponde del lago praticamente non si vedono, occorre mantenere la rotta giusta, ma il gps che ho sulla bici risolve il problema, arriviamo precisi a destinazione dopo alcune ore di scatenata gioia, un'emozionante pedalata su una superfice bianca e dura come il marmo di Carrara. Descrivere cio' che abbiamo provato e' difficile, solo un ciclista costretto a subire la strapotenza dell'automobilista puo' capire cosa significa poter liberare tutta la voglia di liberta', senza costrizioni, senza regole, poter andare veloce, poter virare, frenare senza l'assillo d' essere "stesi".
Giunti nella "terra ferma" ha inizio quello che per giorni sara' il nostro calvario, uno sterrato, anzi una pista, con il fondo sassoso, sabbioso e pieno di "calamine" (onduline). Praticamente e' come se un "caterpillar" avesse aperto un varco sulla crosta terrestre per farci transitare fuoristrada potentissimi staracarichi di sonnolenti turisti e... locos in bicicletta.
Dopo quattro ore di sofferenza per le nostre mani e le parti meno nobili del nostro corpo, arriviamo a San Juan, piccolo pueblo di case di fango, gente addormentata e cotta dall'altura, in mezzo alla pampa spellacchiata e spazzolata da un vento gelido. Siamo fortunati, troviamo un hospedaje fornito d'acqua appena tiepida ma sufficiente per levarci la polvere di dosso. Siamo a 4000 metri di quota, l'aria sottile si fa sentire, una zuppa calda e un pezzo di una durissima carne di lama, mettono a tacere anche i nostri stomaci affamati. La notte la passiamo a scacciare gli incubi provocati dal pessimo fondo stradale e dall'altura.
Hasta luego
Enzo e Roberto



From: enzo pascalis
Sent: Monday, March 12, 2007 6:21 PM
Subject: Laguna Colorada


Mattina del 4 marzo, partiamo con destinazione Alota, tempo sempre nuvoloso e temperatura prossima allo zero. Poche pedalate e siamo subito caldi, occorre guadare un torrente, l'acqua e' freddissima e non ci risparmia un pediluvio fuori programma. Lasciamo la pista principale per una deviazione obbligatoria, a pochi chilometri di distanza un bellissimo e profondo canyon ci illumina la vista, e' il canyon della cascada, profondo alcune centinaia di metri, pareti strapiombanti dai colori impossibili. Nel suo fondo pascolano beati i lama, tutti con fiocchetto rosso nelle orecchie, grassi e con un folta coperta lana, peccato che la loro carne sia coriacea. Riprendiamo il percorso transitando nella regione de las roques, una serie di altissime rocce rossastre che emergono isolate nell'immensa pampa. La pista diventa sempre piu' sabbiosa, in alcuni tratti ci costringe a spingere a piedi, sicuramente Vittorio Serra riuscirebbe ad andare a 40 km all'ora, beato lui.
Dopo 6 ore giungiamo nel villaggio di Villa Mar, squallido come pochi, case di fango accoglienza poco simpatica. Un gruppo di bulli locali, poco piu' che adoloscenti, ci irridono, uno vorrebbe il mio casco, un'altro gli occhiali di Roberto, ma il nostro sguardo e qualche parola in sardo, con tono minaccioso, calma il loro spirito bollente. Fatto sta che il posto non ci piace, decidiamo di salire su una camionetta e trasferirci a Quetena, piccolo ma accogliente villaggio distante qualche decina di chilometri. Siamo a 4400 metri di quota alle falde del vulcano Uturrunco. Tra le sue due cime gemelle, alte poco piu' di 6000 metri, transita una strada sterrata che con i suoi 5750 metri detiene il record della "carretera mas alta del mundo". Il nostro sogno e' salire la su in cima in bici, ma il tempo inclemente, la neve a quota 5000 e un certo timore ci inducono alla scelta piu' saggia, salire su con un fuoristrada. Ci accorgiamo che la nostra scelta e' azzeccata, anche il fooristrada arranca, il fondo e' dissestato e in alcuni tratti e' stato cancellato dalle forti piogge, ci accontentiamo di scattare qualche foto. Su in cima c'ero gia stato qualche anno fa, ricordo una serie di fumarole lungo il percorso e tanta fatica per avanzare a piedi, figuriamoci in bici!
La mattina del 5 si parte per raggiungere la Laguna Colorada distante una sessantina di chilometri, siamo gasattissimi e ci dimentichiamo che siamo a 4400 metri di quota. Partiamo sparati ma le prime rampe in forte pendenza ci accorciano il fiato, avanziamo con un ritmo e un rapporto agile, cerchiamo di non andare in affanno, e' come se si respirasse attaverso una cannuccia, fortunatamente il paesaggio spettacolare ci "costringe" a varie soste per "tomar foto" e...rifiatare. Giungiamo alla "cima Coppi", come viene definito in gergo ciclistico il punto piu' alto, siamo a ben 4850 metri, 40 in piu' del Monte Bianco. Stiamo benissimo, nessun sintomo di mal d'altura, l'entusiasmo e' alto come questo passo, l'acclimatamento e' stato fatto in maniera impeccabile. Mi vengono in mente i passi dolomitici, mi sembrano tanti cavalcavia a confronto...scherzo, e' tutto un'altro biciclettare. Su in cima tira un vento freddissimo e incomincia a piovigginare, giusto il tempo di qualche foto e ci buttiamo per una lunghissima e "vibrante" discesa che ci conduce ai bordi della laguna colorada. Abbiamo le mani doloranti e le gambe congelate, ma siamo felici per aver messo nel nostro "palmares" questo piccolo record d'ascesa, ora ci attende una sistemazione spartana e tanta polvere da rimuovere con fazzolettini umidi, non c'e' acqua, ma oggi e' festa e se ne puo' fare a meno.
Hasta luego
Enzo e Roberto



From: enzo pascalis
Sent: Tuesday, March 13, 2007 9:22 PM
Subject: Sol de Mañana


La mattina del 7 e' illuminata da un tiepido sole, quanto basta per dare alla grande laguna che si estende di fronte al nostro rifugio il colore che gli da tanta fama. La bassa profondita', solo qualche decina di centimetri, e la presenza di microalghe rossastre, danno a questa laguna dei colori che mutano a seconda dell'incidenza della luce del sole e dall'intensita' del vento che ne increspa le acque. Centinaia di fenicotteri rosa scandagliano il fondo senza sosta, questi volatili saranno costretti a migrare a quote piu' basse con l'arrivo dell'inverno, la temperatura scendera' a meno venti e oltre. Si parte per compiere il tratto piu' spettacolare di tutto il nostro giro. La destinazione e' la laguna blanca, a pochi km dal confine cileno, solo 85 km piu' a sud. La pista si allarga in modo impressionante, ogni fuoristrada apre nuovi passaggi, forse per rendere "piu' avventuroso" il trasferimento dei turisti. Ricordo di essere transitato anch'io con un fuoristrada alcuni anni fa, ma veramente non mi ero accorto della bellezza del paesaggio. L'andare in bici ti consente di assorbire lentamente il variare del paesaggio, anche se condito con tanta fatica. Si sale ripidamente sino a quota 4800 per attraversare la zona di "Sol de Mañana", dove una spettacolare serie di geyser fumanti, soffioni, enormi marmitte ribollenti di zolfo rendono il paesaggio affascinante e un po inquietante. Intorno le montagne assumono colori incredibili a causa della presenza di tutti i minerali esistenti sulla terra, il sole non fa altro che accendere ancora di piu' la loro intensita'. Credo che uno spettacolo di colori come questo esista solo da queste parti e, forse, nel deserto del Sahara. Dopo una lunga discesa sabbiosa giungiamo nei bordi di una bellissima laguna dove il vulcano Licancabur, perfettamente conico, con l'imponenza dei suoi quasi 6000 mt, si specchia sulle sue verdissime acque. E la laguna verde, bellissima come poche altre. Nelle sue vicinanze sgorga dal sottosuolo dell'acqua termale a 35 gradi, Roberto non perde l'occasione, il tempo di levarsi le scarpe ed e' gia' a "bagnomaria" con una faccia che la dice lunga per la goduria che prova. Dopo un'ora di relax in questo paradiso si riparte, ma solo per compiere qualche chilometro per raggiungere un'altra laguna, quella "blanca", meta della tappa odierna. Purtroppo nell'unico rifugio esistente non c'e' acqua e mi pento amaramente di non aver seguito l'esempio di Roberto, anche oggi fazzolettini imbevuti. Credo che il percorso di oggi valga tutto il viaggio, tutta la fatica e' stata ripagata abbondantemente, sicuramente uno dei posti piu' belli che abbia mai visto, anche se tra i tanti colori visti mancava il verde della vegetazione, a causa dell'altura e del tipo di terreno, ma la natura ha pensato anche a questo dettaglio mettendolo nell'utima laguna.
Hasta luego
Enzo e Roberto



From: enzo pascalis
Sent: Tuesday, March 13, 2007 9:57 PM
Subject: San Pedro de Atacama


Dopo una notte affannosa a causa dell'altura ( 4350 mt) con le energie al lumicino per la scarsa alimentazione che ci hanno fatto perdere cinque chili, mettendo in risalto le ossa del bacino come delle vacche magre, al punto che oramai la sella e' diventata uno strumento di tortura, si parte per sconfinare in Cile e raggiungere San Pedro de Atacama, 65 km verso est e 2200 metri piu' in basso. Dopo aver espletato le formalita' doganali e aver collezionato un'altro timbro sul passaporto, entriamo in Cile, ma se non fosse per la casupola in mezzo al nulla adibita a dogana, non ci saremmo accorti di nulla, pista era prima, pista continua poi, anzi si sale sino a quota 4600, ma era messa in conto anche quest'ultima fatica. Finalmente! eccolo! e' lui! l'asfalto!, dopo 700 kilometri di piste maledette, sabbia, pietre e calamine, davanti a noi appare la sospirata strada asfaltata. Mi perdonino gli amici dell'associazione "Asfalto? no, grazie!", di cui faccio parte, ma questa volta trasgredisco e tradisco molto volentieri. Ma con l'asfalto inizia anche una pericolosissima discesa, 10% continuo con punti anche oltre che metteranno a dura prova i nostri deboli freni e...la serenita' di Roberto. A peggiorare le cose ci si mette il peso dei nostri carrelli che spingono e un enorme camion che finisce fuori strada. Arriviamo a San Pedro de Atacama, Roberto in discesa ha perso un'altro chilo, ma veramente ne ha tutte le ragioni, in alcuni tratti ho raggiunto i 70 orari, ma oramai siamo in basso, possiamo rilassarci e goderci una desiderata doccia calda e una cena che abbiamo sognato per tutto il periodo in cui siamo stati in territorio boliviano.
Hasta luego
Enzo e Roberto



From: enzo pascalis
Sent: Wednesday, March 14, 2007 2:11 PM
Subject: Rientro in Argentina


San Pedro de Atacama, cittadina di confine, case basse e strade polverose, cani pulciosi ovunque, turisti che gironzolano come manzi alla ricerca dell'agenzia turistica con le tariffe piu' basse. Da questo postaccio si parte per l'altopiano boliviano o per la valle della luna in territorio cileno. Se sei solo non ci sono problemi, ti mettono assieme ad altre cinque persone, magari pulciose come i cani, e ti ritrovi senza nossun confort a digiunare per per i pueblos andini, ma per ammirare il paesaggio vale il rischio. Puoi cogliere l'occasione per perdere qualche chilo di troppo, una zuppa di quinua e una patata al giorno sono la razione ottimale. Da noi una dieta dimagrante costa molto di piu' e il risultato non e' garantito. C'e' poi la possibilita' per le donne di veder diminuire a vista d'occhio la cellulite, e' sufficiente farsi qualche "mate de coca" al giorno e fai pipi' dieci volte all'ora.
Con Roberto vorremmo farci qualche escursione nei dintorni desertici di San "Perro" de Atacama, ma abbiamo ancora stampate nella mente la bellezza struggente dei paesaggi boliviani, questo rende banale ogni cosa. Decidiamo di rientrare in Argentina, almeno li la carne e' garantita, ne abbiamo necessita' per ricostruire i nostri muscoli "succhiati". Per varcare il confine e' obbligatorio varcare le ande per l'unica strada esistente, quella percorsa ieri in discesa, ma rifarsela in salita. Chiediamo ad una compagnia di bus, la "Geminis", di trasportarci sino a Salta, ma loro non caricano bici, solo turisti grassi e puzzolenti, i nostri mezzi potrebbero essere provocanti. Troviamo una camionetta privata, trattiamo il prezzo e partiamo. Dopo poche ore siamo nuovamente in cima alle ande. Percorriamo 120 km su un'altopiano a 4100 metri di quota, l'asfalto e' perfetto, il traffico pesante e' molto disciplinato, tutti salutano con rispetto superandoti completamente nella corsia opposta, eppure sono camionisti paraguaiani, argentini, cileni e boliviani. Credo che i nostri camionisti, privi di alcun rispetto per il ciclista, abbiano molto da imparare. La maggior parte delle auto rallentano o si fermano, gli automobilisti vogliono farci qualche foto e salutarci complimentadosi con noi. Dopo 5 ore giungiamo a Susques, piccolo villaggio a 3800 metri d'altura. All'ingresso del pueblo troviamo un'hotel bellissimo, acqua calda e ottime bistecche, decidiamo di riposarci due giorni.
Oramai il nostro giro e' terminato, dopo venti giorni di pedalata abbiamo percorso 1100 km durissimi, la strada che ci ricondurra' a Salta l'abbiamo, in parte, gia' percorsa all'andata. Saliamo su un bus, nessun problema per le bici, figuriamoci, qui la gente trasporta di tutto, dalle patate ai polli vivi. Dopo pochi chilometri ci rendiamo conto che le nostre vite sono ad alto rischio, infatti ci apprestiamo a scendere di quota per la "Cuesta de Lipan", una terrificante serie infinita di tornanti con stapiombi di mille metri senza nessuna protezione. Quello che ci preocupa maggiormente e' l'autista, e' obeso, fuma continuamente e mangia patatine salate. Considerato lo stress si condurre un'autobus per questa strada, l'altura, il sale e il fumo, c'e' la possibilita' che possa essere colpito da infarto. Con Roberto siamo nei posti anteriori, stiamo attenti alle manovre, ai comandi, ai freni, non molliamo mai lo sguardo sull'autista, nel caso dovesse rimaner secco, occorre agire rapidi e prendere i comandi del mezzo, giu' in basso ci sono gia' tante croci.
Hasta luego
Enzo e Roberto




From: enzo pascalis
Sent: Thursday, March 15, 2007 2:26 PM
Subject: Autombilisti e ciclisti


Rientriamo a Salta a tarda notte dopo un lungo trasferimento in bus da San Salvador de JuJuy. Ripercorriamo, comodamente seduti su poltrone, il percorso fatto all'andata con bici e carrello, solo ora ci rendiamo conto di quanta strada abbiamo fatto, e tutta in salita!
Scorrono velocemente nella nostra mente le immagini della ruta 9, le splendide e coloratissime"quebradas", i villaggi attraversati e la gente che ti salutava cordialmente. Purmamarca, Humauaca, Tupiza, Atocha, Uyuni, e ancora tanti e tanti piccoli pueblos che qualche volta non sono neanche indicati sulla carta, la loro gente che ti chiedeva da dove venivi e non sapeva che tra l'Italia e L'Argentina ci fosse il mare, ma tanto che importa, anche Buenos Aires potrebbe essere a 1000 o 100 chilometri, loro piu' del loro orizzonte non conoscono. La Bolivia e' sicuramente il ricordo piu' bello, paesaggi mozzafiato, strade sterrate, polvere sabbia e tanta sofferenza, ma gente straordinaria, semplice, generosa e disponibile, anche se un po addormentata. Certo devi adattarti, non esistono servizi igienico sanitari, l'alimentazione e' veramente scarsa, se ti becchi un malanno devi essere autosufficiente, a parte i grossi centri, non c'e' un presidio medico per trecento chilometri. Andare per bici in queste lande e' un rischio solo se non ti organizzi portandoti dietro le scorte medicinali, ma non corri assolutamente il rischio di essere trasformato in tappetto dalle auto. A Cagliari divampa la polemica sul divieto di transitare in bici sull'asse mediano, il partito dell'auto e' talmente forte che va protetto, mai sia che un'auto investa un ciclista, potrebbe rovinarsi la carrozzeria, tanto poi un ciclista in meno e' un'ostacolo rimosso. In sudamerica dovrebbero venire i nostri amministratori comunali a prendere lezione di civilta' , eppure qui sono incivili, buzzurri, poveri, sporchi...o forse no, forse siamo troppo ignoranti noi.
Fatto sta che abbiamo percorso piu' di 1100 km senza avere mai avvuto an colpo di "bocina" ( clackson) da nessun automobilista, mai ci hanno fatto il pelo superandoci, mai nonostante abbiamo attraversato grosse citta', anche la notte, ci siamo trovati in pericolo. Viva il civilissimo popolo argentino, boliviano, cileno.
Hasta luego
Enzo e Roberto




From: enzo pascalis
Sent: Thursday, March 15, 2007 9:47 PM
Subject: foto


Siamo a Mendoza a farci il giro delle "bodegas" (cantine) per degustare i migliori vini argentini, chiaramente le degustazioni sono accompagnate da megabistecche di carne che si scioglie in bocca come il burro. l'accostamento dei rossi barricati con l'eccezionale gusto delle carni argentine e' semplicemente divino. Considerato che abbiamo perso tanti chili, abbiamo patito la fame, la fatica e mangiato tanta polvere, ci sembra "giusto" fermarci qui alcuni giorni per intraprendere un meritato tour "enogastronomico" di cui non avrete nessuna relazione, lasciamo a voi libera immaginazione.
Hasta luego

Enzo e Roberto

...ççç?^^^?!!!=%%%***!?!?!? ......stiamo immaginando.....


Continua...